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Smerilliana 4

Testi di Enrico D’Angelo, Antonella Anedda, Tomaž Šalamun, Maria do Rosário Pedreira, Djuna Barnes, Štefan Strážay, Marco Antonio Campos, Rachel Blau DuPlessis, Euphrase Kezilahabi, Nicholas Mann, Michael Donhauser, Gio Batta Bucciol, Massimo Morasso, Andrea Rodighiero, Silvia Bre, Paolo Gentiluomo, Carlo Cipparrone, Nino De Vita, Stefano Strazzabosco, Silvio Ramat, Vittorio Cozzoli, Gianni D’Elia, Francesco Scarabicchi, Ruggero Savinio, Maurizio Marota, Daniele Pieroni, Malik Abrah, Alessandro Centinaro, Nicola Merola, Nanni Cagnone, Paolo Aita, John Ashbery, Luciano Erba, Mariola Offredi.

| 15,00 € | pp. 504 | 12x21 | Casta Diva, Roma 2004 |

Recentemente mi sono imbattuto per caso nella seguente annotazione di un autore anonimo, di cui non faccio il nome appunto per il buon motivo che nessuno lo conosce. Reca la data del 23 agosto 1939 – una settimana prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale – e suona cosí: “Comunque è finita. Se io fossi davvero uno scrittore, dovrei essere capace di impedire la guerra.”
Quale assurdità e quale arroganza, ci diciamo oggi, dal momento che sappiamo cos’è successo da allora! Che cosa avrebbe mai potuto fare un singolo individuo per impedire la guerra, e in particolare uno scrittore? Chi potrebbe mai immaginare una pretesa che fosse più lontana dalla realtà? E che differenza c’è tra questa proposizione e le frasi declamatorie di cui si sono consapevolmente serviti quelli che la guerra l’hanno voluta?
Lessi questa frase con fastidio, e mentre la trascrivevo la mia irritazione aumentò ancora di piú. Ecco, pensavo, qui ho trovato ciò che piú mi disgusta nella parola “scrittore”, una pretesa che si pone in stridente contrasto con ciò che gli scrittori sono in grado di fare nella migliore delle ipotesi, un esempio lampante della boria che ha gettato il discredito su questa parola e ha fatto sí che la gente sia diventata sospettosissima nei confronti di ogni membro della nostra corporazione che battendosi il petto se ne venga fuori con uno dei suoi propositi colossali.
Ma poi, nel corso delle giornate successive, mi accorsi con stupore che quella frase non riuscivo a scordarmela, che mi tornava in mente di continuo, e cosí la esaminavo, la scomponevo, la respingevo per riprenderla di nuovo in esame, come se a me soltanto fosse dato di scovarne il riposto significato. Già l’inizio era strano: “Comunque è finita” è un’espressione di totale e irrimediabile sconfitta in un’epoca di vittorie imminenti. Siccome l’accento è stato posto sulla sconfitta, si esprime già qui la desolazione della fine della guerra, tra l’altro in un tono di assoluta ineluttabilità. Ma la frase vera e propria: “Se io fossi davvero uno scrittore, dovrei essere capace di impedire la guerra” esprime, se la si osserva piú da vicino, esattamente il contrario di un senso di boria: essa contiene infatti l’ammissione di uno scacco totale. Ma più ancora essa esprime l’ammissione di una responsabilità, e proprio in un campo – questo è ciò che sbalordisce – dove meno che mai si può parlare di responsabilità secondo l’uso corrente di questa parola. Questo individuo, che chiaramente pensa quello che dice, poiché lo dice senza svelarsi, si sta volgendo contro se stesso. Non accampa pretese, anzi vi rinuncia. Nella sua disperazione per ciò che dovrà accadere, accusa se stesso e non i veri colpevoli, che certo conosce molto bene, perché altrimenti la penserebbe in maniera diversa su ciò che accadrà. Cosí, quale fonte dell’irritazione che inizialmente abbiamo provato non rimane che questo: l’immagine che aveva quest’uomo di ciò che dovrebbe essere uno scrittore, e il fatto che egli si è ritenuto tale fino al momento in cui è scoppiata la guerra e tutto gli è crollato addosso.
Ciò che qui mi affascina e mi rende pensieroso è la pretesa irrazionale di avere una responsabilità. Una cosa tra l’altro bisognerebbe aggiungere: alla situazione che ha poi reso la guerra davvero inevitabile si è arrivati per mezzo di parole, parole su parole usate a sproposito. Se cosí grande è il potere delle parole, perché esse non dovrebbero anche essere in grado di impedire la guerra? Non c’è affatto da meravigliarsi che uno che ha a che fare con le parole piú degli altri, abbia anche, rispetto a costoro, maggiori aspettative sulla loro efficacia.

ELIAS CANETTI, La coscienza delle parole


SOMMARIO

EDITORIALE
Enrico D’Angelo, Bellezza di frontiera

IN LIMINE
Antonella Anedda, Adesso

POETI STRANIERI
Tomaž Šalamun, Dodici inediti. Traduzione dallo sloveno di Jolka Milic. Nota introduttiva e cura di Paolo Ruffilli
Maria do Rosário Pedreira, da La casa e l’odore dei libri. Traduzione dal portoghese e cura di Mirella Abriani
Djuna Barnes, Creature in un Alfabeto. Traduzione dall’inglese e cura di Cristiano Spila
Štefan Strážay, da Dicembre e Interiore. Traduzione dallo slovacco e cura di Marta Kovácová. Con la collaborazione di Enrico D’Angelo
Marco Antonio Campos, da Poesia riunita. Traduzione dallo spagnolo e cura di Stefano Strazzabosco
Rachel Blau DuPlessis, Bozza 42: Epistola, Studi. Traduzione dall’inglese e cura di Renata Morresi
Euphrase Kezilahabi, da Sofferenza. Traduzione dal swahili e cura di Elena Zúbková Bertoncini
Nicholas Mann, Sei inediti. Traduzione dall’inglese e cura di Cinzia Fratucello

LA CONVERSAZIONE
Michael Donhauser in conversazione con Gio Batta Bucciol. Con poesie di Donhauser tradotte dal tedesco da Bucciol

POETI ITALIANI
Massimo Morasso, Eternità e svanimento di Sara
Andrea Rodighiero, Otto poesie
Silvia Bre, L’argomento e Prima
Paolo Gentiluomo, L’ugola canta in sogno l’animo poeta la nanna castigo
Carlo Cipparrone, Sette poesie
Nino De Vita, Mazzapaneddu [Mulinello]
Stefano Strazzabosco, non è successo niente
Silvio Ramat, Dieci poesie
Vittorio Cozzoli, Otto poesie
Gianni D’Elia, Autocoscienza
Cenni bio-bibliografici

ARCIPELAGO
Francesco Scarabicchi, Un’ora
Ruggero Savinio, Ut pictura
Maurizio Marota, Psicagogia e poesia
Daniele Pieroni, Ritmo e passione della poesia
Malik Abrah, Badr Shàkir as-Sayyàb: la voce della libera poesia araba
Alessandro Centinaro, L’archetipo odissiaco
Nicola Merola, Che fine ha fatto la poesia
Nanni Cagnone in dialogo con Paolo Aita

IL POEMETTO
John Ashbery, Frammento. Traduzione dall’inglese e cura di Paolo Prezzavento

FINIS
Luciano Erba, Il silenzio del muschio

LE COPERTINE DI “SMERILLIANA” ANNO 2004
Gulam Mohammed Sheikh: il flusso della visione. Nota di Mariola Offredi