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S. S. Van Dine, Venti regole per scrivere romanzi polizieschi

In appendice: Ronald A. Knox, Le dieci regole del romanzo giallo
Premessa di Anthony Robbins

| 5,00 € | pp. 48 | 10,5x15,5 | 978-88-97726-22-7 | Di Felice Edizioni, Martinsicuro 2013 |

Dalla Premessa di Anthony Robbins

Edgar Allan Poe, il padre del genere in lingua inglese con il suo Tales of Mystery & Imagination del 1845, definiva i suoi racconti “tales of ratiocination” (“racconti di raziocinio”).
S. S. Van Dine osserva che il romanzo poliziesco è un “gioco intellettuale”, ovvero uno svago che richiede uno sforzo mentale, come i cruciverba o il gioco degli scacchi (passatempi ugualmente soggetti a limiti stretti). Le regole servono a delimitare tanto il gioco stesso quanto i mezzi che utilizza per creare la situazione iniziale (il problema) e raggiungere quella finale (la soluzione). Si tratta solitamente di un oggetto letterario piuttosto specializzato nello stile e nella struttura; e piuttosto improbabile: una certa tranquilla zona della campagna inglese subí un numero altissimo di omicidi, per soddisfare la domanda dei lettori per racconti su Miss Marple.
Le caratteristiche del romanzo poliziesco rispondono a requisiti classici: l’azione si svolge entro le mura o i confini di una grande casa di campagna, dove il delitto è commesso (anche nella classica stanza chiusa a chiave, di cui maestro insuperato resta John Dickson Carr) da un membro della famiglia o del gruppo ivi abitante, fonte di un buon numero di sospetti piú o meno convincenti; la polizia locale è inconcludente; una persona estranea all’ambiente, spesso eccentrica e intellettuale, ricostruisce il delitto e arriva a individuare il colpevole attraverso una serie di ragionamenti e interrogatori informali; il colpevole è il meno probabile dei sospetti, il che fornisce la sorpresa dell’ultima scena.