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Sopravvivere al Novecento
Conversazione sulla poesia, la cultura, il tempo presente

Foto di Ennio Brilli

| 9,00 € | pp. 64 | 12x18 | 978-88-99627-39-3 | The Writer, Marano Principato 2017 |

Risvolto di copertina

Precisamente il 25 novembre 1964, Ingeborg Bachmann aveva rilasciato un’intervista nella quale, in merito alla poesia contemporanea e ai limiti degli autori soprattutto delle nuove leve, aveva sostenuto: “Le carenze che si possono osservare qua e là e che mi deprimono di piú, non hanno niente a che vedere con i ferri del mestiere. Ci sono alcuni giovani scrittori che non soltanto hanno talento, ma che dispongono di mezzi stilistici quasi senza fatica, cosí che in un primo momento non si saprebbe dire perché i loro prodotti deprimano. Credo che operino con le conquiste stilistiche di altri, rinunciando cosí a fare essi stessi delle conquiste. È questo che si avverte come carenza: l’insincerità, il senso di raccogliticcio. Infine, però, questo non vale solo per gli scrittori piú giovani, ma anche per molti altri, ed è valso per ogni epoca.
[...]
E non vi sembra che l’opportunità creativa e ricreativa sia andata del tutto sprecata: che, cioè, l’eclissi dell’umanesimo abbia presto significato in Occidente quel che ancora, e secondo alcuni ormai irreversibilmente, significa, ossia la fine della cultura intesa come emancipazione individuale e collettiva, la fede convinta nella barbarie, e non la semplice occorrenza di una profonda crisi di civiltà? Perché, se questa fosse anche la vostra opinione, mi verrebbe da chiedervi: ma davvero credete che, nel trentennio o quarantennio che abbiamo alle spalle, la letteratura sia di fatto sopravvissuta alla scomparsa dell’uomo e che essa, magari da tempo moribonda e persino conservandosi tale, possa ciononostante continuare a sussistere? Pensate davvero che ogniqualvolta ci ostiniamo a parlare di letteratura, come ci accingiamo a fare oggi, noi ci accostiamo, da vivi, a un corpo vivo, invece di dissezionare, da morti, un corpo morto? Un centesimo di euro: scommettereste un solo centesimo di euro sul fatto che oggi, per noi qui presenti, per i ragazzi nelle scuole e nelle università, per gli scrittori e gli studiosi stessi, quindi non astrattamente per la società dei consumi di massa, ma ancor prima per l’intellighenzia, presunta o reale, che in essa opera, Dante sia Dante, o possa tornare ad essere Dante, o sia divenuto un nuovo Dante, o abbia l’opportunità di tramutarsi in un Dante ulteriore? Per nessuno Dante è tuttora, Dante potrà piú riprendere ad essere, Dante saprà, dal nulla, ancora diventare qualcosa: forse la situazione è realmente questa. Ma se tale è il quadro, ci è consentito definire quelli attivi – a prescindere dai loro eventuali demeriti – scrittori, critici, studiosi, docenti di letteratura, finanche lettori? Noi qui riuniti siamo, oltre ogni ragionevole dubbio, scrittori, critici, studiosi, docenti di letteratura, finanche lettori?

Porto San Giorgio, 8 agosto 2008