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Rainer Maria Rilke, Teneri tributi alla Francia

Traduzione dal francese e cura di Enrico D’Angelo

| 9,00 € | pp. 48 | 12x18 | 978-88-99627-16-4 | The Writer, Marano Principato 2016 |

Le poesie di questa raccolta incompiuta, pubblicata postuma, furono scritte a Muzot tra il settembre del 1923 e i primi giorni del febbraio del 1924. Sono dunque il risultato della tarda attività del poeta praghese, successiva alle Duineser Elegien. Esse fanno blocco compatto con le altre raccolte scritte nella «langue prêtée»: Les Roses e Les Fenêtres (pubblicate postume), Vergers e Les Quatrains Valaisans (pubblicate nel 1926). Con queste poesie in lingua francese, Rilke torna a “dire le cose”, a tentare una parola che sappia assicurare la realtà piú umile e quotidiana in quello spazio interiore conquistato con le Duineser Elegien. Rilke realizza cosí il compito di salvare le cose nella parola, e lo fa attraverso la lingua ‘straniera’ che gli permette, con i suoni posti in primo piano, con i vocaboli sottratti alla meccanicità dell’abitudine, quasi di dar voce alle cose stesse. L’uso del francese rivela la totale assimilazione della lingua al ‘meccanismo’ della poesia; essa diviene palesemente la condizione della poesia stessa, oltre che la sua occasione. La celebrazione immediata della realtà (un quadro, un nastrino, il pane quotidiano...) trova nella mediazione della lingua la sua unica e irripetibile possibilità.


5.

Restons à la lampe et parlons peu;
tout ce qu’on peut dire ne vaut pas l’aveu
du silence vécu; c’est comme le creux
d’une main divine.
Elle est vide, certes, la main, cette main;
mais une main ne s’ouvre jamais en vain,
et c’est elle qui nous combine.

Ce n’est pas la nôtre: nous précipitons
les choses lentes. C’est déjà l’action
qu’une main qui se montre. Regardons
la vie qui en elle afflue.
Celui qui bouge n’est pas le plus fort.
Il faut admirer son tacite accord
avant que la force remue.

5.

Restiamo alla lampada e parliamo sino
a poco; tutto ciò che può dirsi non vale
la confessione del silenzio vissuto: è tale
all’incavo d’una mano divina.
Di certo, è vuota la mano, quella mano;
ma una mano non s’apre mai invano
ed è essa che ci combina.

Non è la nostra mano: noi precipitiamo
le cose lente. Che una mano
si mostri è già l’azione. Osserviamo
la vita che in essa rinnova.
Colui che muove non è il piú forte.
Occorre ammirarne il tacito accordo
prima che la forza muova.


9.

Il faut croire que tout est bien, si tant
de calme suit à tant d’inquiétude;
la vie, à nous, se passe en prélude,
mais parfois le chant qui nous surprend
nous appartient, comme à son instrument.

Main inconnue... Au moins est-elle heureuse,
lorsqu’elle parvient à rendre mélodieuses
nos cordes? – Ou l’a-t-on forcée
de mêler même aux sons de la berceuse
tous les adieux inavoués?

9.

Bisogna credere che tutto è bene, se si sente
tanta calma dopo tanta inquietudine;
la nostra vita trascorre in un preludio,
ma talvolta il canto che ci sorprende
ci appartiene, come suo strumento.

Mano sconosciuta... Ma è felice almeno
quando melodiose a rendere perviene
le nostre corde? O la si è forzata
a mischiare tra i suoni della nenia
tutti gli addii inconfessati?


12.

Parfois les amants ou ceux qui écrivent
trouvent des mots qui, bien qu’ils s’effacent,
laissent dans un coeur une place heureuse
à jamais pensive...

Car il en naît sous tout ce qui passe
d’invisibles persévérances;
sans qu’ils creusent aucune trace
quelques-uns restent des pas de la danse.

12.

Coloro che scrivono o gli amanti talora
trovano parole che, per quanto rimosse,
lasciano un luogo felice in cuore
per sempre pensoso...

Poiché sotto quanto scorre
nascono invisibili perseveranze;
senza che alcuna traccia occorra
alcuni passi restano della danza.


13.

L’aurai-je exprimé, avant de m’en aller,
ce coeur qui, tourmenté, consent à être?
Étonnement sans fin, qui fus mon maître,
jusqu’à la fin t’aurai-je imité?

Mais tout surpasse comme un jour d’été
le tendre geste qui trop tard admire;
dans nos paroles écloses, qui respire
le pur parfum d’identité?

Et cette belle qui s’en va, comment
la ferait-on passer par une image?
Son doux ruban flottant vit davantage
que cette ligne qui s’éprend.

13.

Prima d’andarmene, l’avrò dichiarato
questo cuore che, tormentato, all’essere consente?
Stupore, che maestro mi fosti infinitamente,
sino alla fine t’avrò imitato?

Ma tutto supera come un giorno di solarità
il tenero gesto che troppo tardi ammira;
nelle nostre schiuse parole, chi respira
il puro profumo dell’identità?

E questa bella che sta passando
come crederla un’immagine soltanto?
Al suo dolce e fluttuante nastrino è data
vita piú di questa riga innamorata.