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Enrico D’Angelo, Quasi una serra

Postfazioni di Gabriele Frasca e Alessandro Giammei

| 9,00 € | pp. 80 | 12x18 | 978-88-99627-12-6 | The Writer, Marano Principato 2016 |

Dalla Postfazione di Gabriele Frasca, 1991

Figurazioni musicali e concetti appaiono pertanto l’artificiale calore e i semi che stanno alla base di questa serra, o quasi tale, perché D’Angelo sa, consapevolmente, che ogni prodotto artistico non si deve, per propria definizione, alla natura, semmai ad una a noi ignota natura di poeta, essendo piuttosto, alla lettera ed etimologicamente, artificio; e perché egli sa anche che tutto questo artificio occorre a dismisurare i semi prescelti, vale a dire quelle tracce di senso sulle quali si agisce per renderle altrui, come fossero i frutti di una serra appunto, piantati e curati in proprio perché altri li consumi.

Dalla Postfazione di Alessandro Giammei, 2016

Potremmo forse non vergognarci dell’azzardo nel dire che si tratta della poesia (un’estranea che non risponde, e che pure suscita i discorsi) ma fosse anche un’effettiva passante resterebbe chiaro il desiderio soddisfatto dai versi: quello di recuperare, nel piú stringente rasoterra contemporaneo, l’aspirazione a uno stile, a una proprietà, a un lirismo che è stato (che sembra essere stato) la norma altrove e un tempo. In questo senso è ancora piú piacevole rileggere Quasi una serra non nel suo originario formato, ma quale titolo recuperato, riproposto piú che ritrovato come è proprio non del paio d’occhiali o del talismano, ma di un ben dosato rimedio galenico contro l’oblio.


In limine

Questo giorno come questa pagina
svolta che non sa se terminare a ieri
o essere per l’indomani, che estrema
ritenta la luce proprio ove intimo
tremore è l’ultimo pensoso sguardo;
e, tenera in sé di segni e di sogni,
in noi cosí resta incontro del tempo
con il tempo, quando ci leggeremo.


Sedil di porto

Dai sedili del porto intanto il golfo
galleggiasse colmo sí di lucerne
quando dal molo ciò che di noi resta
quanta nostalgia è partendo – oh io almeno
sapessi ora farmi angolo di cuore
e non dei lati quello ch’è maggiore...


Parlando e tacendo

Pare subentri del silenzio il nero
e il cuore riceva e al tacere induca;
anche per questo diviene il pensiero
un mentale andare che non va in buca.
Intanto si dice che il suo affinamento
il tempo lo abbia parlando e tacendo.
Poi in noi si traduce, e un po’ di talento
è un abbraccio ed una conversazione;
poi in noi si traduce, e un po’ di talento
è una preghiera ed una conversione.


Se acqua o cielo

Dove ognuno muove o segna il passo
e dove la vita pare incerta sul dafarsi
l’angolo non è piú quel preciso punto
del pensiero che cela o a volte svela.
Ma come si riflette l’acqua
nel cielo e il cielo nell’acqua…
ne sai tu forse il principio del riflesso?
in quale dei due – se acqua o cielo –
ha inizio l’imitazione o in quale
nasce, a se stessi ignota, la comunione?


Nel sole ch’abbrevia i colori
per me tu ti pettini, sensibile
ad un nuovo romantico invito
o dolce innamorata indulgente.
A tratti delicati, carezziamo
nei volti la voglia di fragilità.
Allunghi nella luna l’amore
e i capelli spettini, sensuale
ad un nuovo impudico invito
o bella innamorata indulgente.
A tratti estenuati, carezziamo
nei volti la voglia di continuità.