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Ali Sardar Ja’fri, Nove poesie

Traduzione dall’urdu e cura di Ilaria Graziani

 | 7,00 € | pp. 48 | 11,5x16,5 | Nuovi Orizzonti, San Benedetto del Tronto 2014 |

La carriera letteraria di Ali Sardar inizia nel 1938 con la pubblicazione di una raccolta di racconti brevi (afsāna) intitolata Manzil (La dimora) incentrati sul tema del soggiogo politico dell’India da parte del dominio coloniale britannico; eppure il genere letterario in cui principalmente si realizza la carriera letteraria di Ali Sardar sarà tuttavia quello della poesia, di cui egli diventa da sùbito eminente rappresentante.
Il 1947 si rivela, nella Storia dell’Asia meridionale, come un anno cruciale poiché segnò l’Indipendenza dell’India (15 Agosto 1947) dal giogo coloniale britannico, ma, allo stesso tempo, la separazione geopolitica tra India e Pakistan attraverso quel nuovo confine (sarhad) che venne a delinearsi come una ferita sanguinante e dolorosa nel cuore del Subcontinente.
Il Poeta non annichilisce di fronte alla tragicità del Tempo di cui è testimone: egli alza una voce fiduciosa nell’alba di quel domani che si augura essere migliore e che di certo spunterà. Consapevole di essere immortale nella sua natura profonda e intrinseca, rinvigorito dalla luce, dal calore, dalla potenza dell’Amore (ishq) che rimane fiamma baluginante come stella nella buia notte e forza vitale che permane nonostante le effimere barriere temporali e spaziali.

Il lume di ogni istante

 

Quell’erba leggera come un sonno
Le gocce di rugiada vibranti e allarmate come intimi sogni
I volti raggianti come fiori
L’ eleganza delle parole come profumo
I giovani sorrisi come raggi di sole
Quel desiderio baluginante come scintilla
L’abbraccio tremante come le stelle
I petti traboccanti come coppe di vino

Tutto ciò viaggia nella carovana dell’abisso
Tutto procede nella valle deserta dell’abisso
Dell’oscurità gli stendardi si srotolano
Degli istanti sta bruciando il lume

Ogni istante è giovane e puro
Ogni istante è luce di corpo e anima
Ogni istante è grande ed eterno

 

 

 

 

 

 


Avvicinati là ove io ti chiedo di raggiungermi

 

Avvicinati là ove io ti chiedo di raggiungermi
Penetrando i miei sguardi, avvicinati sino al cuore poi sino all’anima
Osserva come il soffio del tempo se ne va
Vieni con me in quel Paradiso di giovinezza
Va’ come spada lasciando andare l’abbraccio del fodero
Avvicinati come freccia all’abbraccio dell’arco
Vicino al fiore volteggia nel giardino come brezza gentile
Come un amante sopraggiungi nella notte agitata
Cosí si dissolvono i confini dell’inferno di quei secoli
Ora avvicinati là ove c’è solo il Paradiso
Avendo lasciato l’incertezza giungi sino alla bellezza di ciò che è certo
Ma anche dalla certezza giungi sino a ciò che è incerto.